8 MARZO: La voce delle donne

In occasione della giornata internazionale della donna, abbiamo pensato che sarebbe stato interessante conoscere le storie delle donne che ci circondano, con l’obiettivo di raggiungere anche chi, purtroppo, non ha l’occasione di far sentire la propria voce.

Abbiamo chiesto a donne di tutte le età se si sono mai sentite discriminate in ambito scolastico, universitario, professionale e privato; se queste discriminazioni hanno avuto ripercussioni e conseguenze sulla loro personalità, o sul loro rendimento nello studio o nel lavoro; in che modo hanno reagito alle discrimazioni e che consigli si sentono di dare ad altre donne che subiscono lo stesso trattamento.

Abbiamo ricevuto racconti di esperienze che speriamo possano essere d’aiuto. Ne riportiamo qui di seguito alcuni.

M. di 45 anni racconta:

“Io discriminata mi ci sono sentita quasi subito, da piccola. Anche se ancora non capivo bene, mio padre quando nacque mio fratello impazzí: pagò da bere ad un sacco di gente, fece salti di gioia ‘quasi da toccare il soffitto dell’ospedale’ e non perché gli era nato il secondo figlio, ma perché era MASCHIO.
La donna subisce dalla notte dei tempi un trattamento infamante. Paga già alla nascita il fatto di essere nata donna, quindi essere ‘minore’.
La mia educazione è stata totalmente diversa da quella di mio fratello, per me nessuna libertà, nemmeno le gite scolastiche. Lui invece poteva, era maschio!
Crescendo non è andata meglio, nessuna uscita con le amiche, sotto stretta sorveglianza sempre.
Tutto questo ha condizionato fortemente la mia vita, il matrimonio appena diciottenne è una conseguenza, voler ‘scappare’ da una casa dove mi sentivo una reclusa, per finire in un’altra.
Paghiamo lo sconto di diventare madri, con una società che non ti aiuta, per cui devi rinunciare al tuo lavoro per accudire i figli, cosa che indirettamente ti rende di nuovo totalmente dipendente da un uomo.
Mi sono liberata dalle mie catene in età adulta, dopo aver assolto tutti i miei compiti, i miei figli erano grandi e in grado di camminare da soli, il senso del dovere non mi ha mai abbandonata.
E solo adesso, da qualche anno a questa parte, la mia vita è solo mia, mi sono ripresa quello che ho lasciato che mi venisse portato via tanti tanti anni fa.
Troppo tardi? Non penso.
Lo rifarei mille e mille volte ancora, anche se fosse stato per un solo giorno di libertà. Ne sarebbe valsa la pena comunque.”

L’esperienza di M. è un chiaro esempio di discriminazione alla quale, purtroppo, molte donne sono così abituate da non considerarle neanche come tali.

Molte delle donne che hanno deciso di aderire a questa iniziativa ci hanno raccontato dei loro disagi durante i colloqui di lavoro, in cui i datori di lavoro, apparentemente senza alcuno scrupolo, si sono permessi di fare domande private e per niente inerenti alla posizione per cui applicavano.

F. di 30 anni ed E. di 32 hanno raccontato, ad esempio, che in numerose circostanze, è stato loro chiesto se avessero intenzione di rimanere incinta, o se avessero pensato al fatto di formare una famiglia nell’arco dei successivi tre anni, o se avessero già dei bambini a cui badare. Per alcuni può sembrare plausibile che il datore di lavoro voglia tutelarsi da eventuali assenze per le malattie dei figli, o per complicazioni durante la gravidanza o per l’allattamento durante il periodo di maternità. La realtà però è diversa.

Valutare l’esito di un colloquio di lavoro sulla base di futuri progetti di vita, piuttosto che prendere in considerazione l’esperienza, le competenze e le conoscenze, è discriminatorio nonché sminuente.

F. di 24 anni ha invece raccontato di aver subuto discriminazioni durante lo stage di lavoro, durante il quale i suoi colleghi di pari livello, ma di sesso maschile, venivano normalmente retribuiti a differenza sua. Mentre C. di 24 anni e C. di 62, raccontanto di quando la loro opinione non contava niente, perché, in quanto donne, non ne sapevano abbastanza.

Molte hanno anche raccontato di episodi quotidiani: “All’università, il professore di storia ha detto che agli esami ‘le ragazze devono mettersi a 90′”; “sul pullman mi hanno più volte palpato il sedere”; “per strada senti sempre qualcuno che fa un commento sessista, ma che vuoi farci? Mica puoi sempre stare a discutere. Fai finta di niente e passi oltre”.

È evidente che il sentiero da percorrere sia ancora lungo, anche se si riescono già a vedere alcuni segni di cambiamento da parte delle nuove generazioni. I., di 23 anni racconta:

“All’università ho avuto un professore piuttosto misogino, le donne le chiamava Signorine, gli uomini Dottori, all’esame avevo fatto un buono scritto e all’orale mi contestava tutto quello che dicevo. È intervenuto un mio compagno che aveva appena fatto l’orale a fargli notare che avevo detto delle cose corrette, alla fine mi ha comunque bocciata quella volta.

Ho rifatto l’esame e l’ho passato e quindi poi ci ho dato meno peso, ma ho fatto più fatica di alcuni ragazzi, per motivi che non dipendevano né da me né da loro e questo non è sicuramente giusto come principio.
Il lato positivo è stato il mio compagno che comunque ha riconosciuto l’ingiustizia. Per quanto ho potuto provare io, nella nostra generazione queste situazioni un po’ grigie stanno diminuendo, uomini e donne si sentono più pari di qualche generazione fa.”

Chi non ha subuto discriminazioni, si ritiene “fortunata“: “Per fortuna non ho mai vissuto episodi di questo tipo”; “Penso di essere stata fortunata, non ho mai subito discriminazioni né a scuola né al lavoro”.

Tutte le donne che hanno partecipato a questa iniziativa sono d’accordo su quale sia il modo per risolvere il problema delle discriminazioni di genere. Educazione. In tutti gli ambiti della vita quotidiana, partendo dalle famiglie e dalle scuole, per finire all’università e nei posti di lavoro. È anacronistico che nel 2020, le donne siano costrette a sentire commenti sessisti da professori universitari o da datori di lavoro, persone in cui dovrebbero invece rivedere dei mentori e degli esempi da seguire.

L’associazione URCA non può che essere d’accordo e, nel suo piccolo, fa il possibile per combattere discriminazioni di ogni genere.

Buona giornata delle donne, nella speranza che in un futuro non troppo lontano, questi racconti saranno solo racconti e non debbano più avere lo scopo di sensibilizzare e far riflettere, e le donne che non subiranno discriminazioni non saranno fortunate ma saranno solo DONNE.

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